Acqua e pietra ai piedi del Monte Cimone
Immaginate una terra segnata da fresche acque torrentizie e paesaggi incontaminati da praterie e boschi.
Qui, tra querce e faggete, all’ombra del ricordo di antiche tradizioni medioevali, sorge il borgo storico di Fiumalbo, considerato a ragione uno dei Borghi più belli d’Italia.
Bandiera Arancione e, da poco, Bandiera Viola, in quanto uno dei pochi borghi di montagna dell’Appennino Tosco Emiliano con una struttura del centro storico in buona parte priva di barriere architettoniche.
Attorno a lui il Parco del Frignano con i suoi oltre 15 mila ettari di estensione, tutela e valorizza buona parte di un patrimonio ambientale di grande pregio che va dalle vallate a castagneto delle zone a quote più basse fino alle praterie di vetta del Monte Cimone.
Modena non è lontana, il confine con la provincia di Pistoia attraverso il Passo dell’Abetone è molto vicino, il che rende gli abitanti di questo minuscolo comune linguisticamente più affini ai fratelli toscani e liguri, soprattutto in alcuni antichi vocaboli dialettali.
Madre Natura insieme ad una consolidata e fortissima tradizione storica è predominante nel territorio che abbraccia il borgo, in una scenografia segnata dalle principali alture dell’Alto Appennino Modenese.
Difficile da raggiungere, circondato da torrenti e aree montuose, lontano dalle principali vie di comunicazione di certo hanno nel corso dei secoli influito sull’isolamento del borgo di Fiumalbo.
Ciò ha contribuito a mantenere quasi inalterata la struttura urbanistica che ancora oggi, dopo secoli, mostra le sue origini medievali.
Piccole stradine ne segnano il centro storico composto da vecchi edifici in pietra – molto dei quali ristrutturati – e piazzette e saliscendi permettono di raggiungere alcune delle località e frazioni del territorio comunale poste anche a quote elevate.
Storia del borgo
Il nome Fiumalbo parrebbe derivare da Flumen album (“fiume bianco” per le spumeggianti acque dei due torrenti Aquicciola e Rio San Francesco o Rio Le Motte, che circondano l’abitato) o, in un’altra versione, da Flumen Alpium (“fiume dell’Alpe”, per caratterizzare le sorgenti derivanti dal Monte Cimone detto in passato anche Alpe o Alpone).
A dirimere i dubbi potrebbe comunque essere utile risalire all’etimologia stessa di alpe, ossia montagna alba, bianca per la neve o per la roccia chiara che si staglia contro il cielo.
La storia di questo piccolo comune si misura nei sentieri, nelle mulattiere e nelle antiche vie montane che da sempre collegano la Pianura Padana alla costa tirrenica attraverso i valichi appenninici.
Un’area di passaggio il cui popolamento durante l’età romana, ma anche prima – ad esempio nel periodo celtico – dovette essere verosimilmente molto fluido.
Nel borgo delle Valdare, ma anche a Doccia e in genere in tutto il versante sotto il Cimone, strane capanne in pietra e terra – che la gente locale chiama Casoni – pongono culturalmente dei parallelismi con la cultura celtica che nel IV sec. a.C. dovette raggiungere questa parte d’Italia.
A questi poi si affiancano le cosiddette Margolfe, piccole sculture in pietra dai volti femminili, dalle origini incerte e legate ad antiche credenze apotropaiche, che decorano molti edifici sparsi nel borgo.
Fra i borghi del Frignano, Fiumalbo è il paese che ha maggiormente conservato intatto il centro storico e le tradizioni.
I primi insediamenti si fanno risalire a Liguri Friniati, qui rifugiati attorno al 175 a.C. dopo essere stati sconfitti dal Console Marco Claudio Marcello ma le prime vere notizie del borgo sono datate al 1038 d.C., quando il Marchese Bonifacio, padre della famosa Matilde di Canossa, donò al Vescovo di Modena la «Rocca che si chiama Fiumalbo».
Da quanto sappiamo, e dai resti ancora oggi conservati, il villaggio doveva allora comporsi di una rocca contraddistinta da tre torri (ancora ben visibili sullo stemma comunale), l’antica chiesa di San Bartolomeo, un piccolo borgo fortificato e una porta monumentale d’accesso.
Intorno al 1600 Fiumalbo conosce un momento di notevole sviluppo durante il quale verranno costruite molte chiese; la via principale per entrare al borgo era la Via del Leone, la quale transitava davanti al palazzo Bondi, sede del governo del luogo.
All’epoca era già presente l’Oratorio di San Rocco (prima metà del ‘500), porta del paese, la Chiesa di san Bartolomeo, ricostruita e ampliata (fine del ‘500), la chiesa dell’Immacolata (edificata nel 1516 poi ristrutturata nell’800) e la Chiesa di santa Caterina inizialmente parte di un convento di monache e benedetta nel 1601.
Un patrimonio artistico, legato soprattutto alle tradizioni religiose, che già 400 anni fa risultava ricchissimo. Successivamente il borgo si arricchirà di altri due importanti edifici religiosi: la Chiesa dei Santi Francesco e Donnino detta “del Seminario” (ricostruita a metà del ‘700 su un edificio preesistente seicentesco) e l’Oratorio del Costolo (1700/1800).
In epoca recente Fiumalbo non fu distrutto, ma in parte molto danneggiato e comunque profondamente segnato dal grande terremoto del 1920.
Sul finire degli anni sessanta Fiumalbo fu protagonista di una straordinaria manifestazione avanguardistica chiamata “Parole sui muri”, che ha visto anche una seconda edizione l’anno successivo e una riedizione in tempi recenti.
In quell’occasione il borgo si riempì di installazioni di giovani artisti, alcuni dei quali poi diventati molto famosi, che venivano non solo dalle più svariate località italiane, ma anche da contesti internazionali.
Centinaia di artisti riempiono il paese di sculture e pitture strane, il paese intero diventa uno spazio da interpretare liberamente e utilizzare per esprimere la propria arte.
L’evento ebbe un notevole riconoscimento artistico e l’approccio umano dato dai fiumalbini che (ingenuamente e/o volutamente) collaborarono, determinarono la piena riuscita della mostra.
Perfino il Times dedicò uno spazio al fatto, seppur non mancarono alcune polemiche.
Le “margolfe”
Mappa delle Margolfe di Fiumalbo, Dario Brugioni
Di certo le margolfe, a Fiumalbo, non mancano: oltre una trentina sul territorio comunale, dislocate tra centro storico e frazioni o borgate, tutte catalogate e riassunte su cartina che potete trovare presso la locale pro-loco. Si tratta di maschere apotropaiche dislocate originate, si dice, dalla consuetudine di popolazioni barbare, Longobardi, Celti e Goti, di decapitare le teste dei nemici uccisi in battaglia ed esporle come trofei all’ingresso delle loro case o capanne. Anche l’ipotesi di una contaminazione pagano-cristiana, tramite i Guardiani di pietra, presenti in edifici destinati alla devozione cristiana, farebbero risalire l’origine delle margolfe, fino poi ai giorni nostri.
Il primo giorno di marzo a Fiumalbo era conveniente recitare una filastrocca portafortuna che diceva così: “oggi entra Marzo, crepa la terra, sorte la bega de sottoterra, Dio ce salvi dalla bega, dalla strega, dalla femmena mandrega, dal can rabbioso e dall’ommo invidioso (dal prete grasso e dal vilan che va a spasso)”.
In mezzo a queste mostruosità dalle quali bisognava difendersi, la “femmena mandrega” ci rimanda alla Margolfa (o Marcolfa), un’entità femminile ultimo residuo della natura indomita. La sua testa scolpita sui cantoni e sui muri delle case l’avrebbe sicuramente tenuta alla larga così come tutte le sue altre paure che popolavano le nostre montagne, i boschi, i fossi, í laghi, ma soprattutto le lunghe nottate buie.
In località “Cà de Gabani” al Versurone è scolpita sul muro l’immagine più arcana e paurosa che esista, la Margolfa dal volto di lupo, con i denti che si prolungano sulle labbra, ma averla riprodotta vicino alla porta è sicuramente la cosa migliore che sia stata fatta, nessun nemico, mostro, strega o untore si sarebbe mai avvicinato.
La Margolfa più famosa e misteriosa è quella della Danda: è composta da due pezzi staccati, la testa è quella di un guerriero ligure con elmo e baffi, il corpo invece è quello del Dagda (da cui il nome della località Danda), antica divinità preromana abitante dei boschi, dalla pancia e dall’appetito smisurato, vestito con una pelle e rappresentato con un grande randello.
Le confraternite dei “Rossi” e dei “Bianchi”
Le confraternite, antichissime associazioni religiose nate con scopi umanitari e legate alla devozione ed al culto, sono state presenti nell’Alto Frignano ed in tutta Italia fin dal ‘500.
A Fiumalbo venne fondata nel 1508 quella del Santissimo Sacramento detta dei Rossi, mentre otto anni dopo sorse quella dell’Immacolata Concezione detta dei Bianchi.
I confratelli delle due congregazioni devono i titoli di ‘bianchi’ e ‘rossi’ ai colori delle loro vesti ufficiali: quelli dell’Immacolata per il camice bianco, e quelli del Santissimo per la cappa rossa.
Per tradizione le confraternite hanno sede rispettivamente nella Chiesa di Santa Caterina da Siena (sede storica dei Rossi, ora Museo di Arte Sacra) e dell’Immacolata Concezione (Bianchi).
Nonostante le vicissitudini e lo spopolamento dell’Appennino avvenuto nella seconda metà del ‘900 ancora oggi le due confraternite continuano a portare la croce durante le processioni religiose e a consolidare una tradizione plurisecolare.
Le tradizioni: San Bartolomeo, Infiorata, Presepe Vivente, e Fiaccolata di Carnevale
Quattro sono i principali appuntamenti del borgo durante l’anno: la festa del patrono (San Bartolomeo), l’Infiorata del Corpus Domini, il Presepe Vivente (biennale) e la fiaccolata di Carnevale (martedì grasso).
L’appuntamento centrale dell’anno è sicuramente la festa del patrono che rende il borgo assai suggestivo: illuminato soltanto a fiaccole e torce in uno scenario davvero unico.
La sera della vigilia, il 23 agosto, lumi, fiaccole e candele illuminano le vie dell’antico borgo medievale.
Surreale è la visione del fiume, sul quale ardono migliaia di lumini, che lo trasformano in un corso d’acqua incandescente.
Suggestiva è anche la visione dell’antica Rocca che sovrasta il paese: il promontorio dove si erge viene completamente illuminato con grosse fiaccole.
La magia del paesaggio fa da cornice alla Processione con la statua del Santo accompagnata dalle antiche Confraternite dei Bianchi e dei Rossi, nei tradizionali costumi e con stendardi che si conservano da secoli.
Il giorno successivo, 24 agosto, è dedicato alle celebrazioni religiose ed alla classica fiera per le vie del paese.
Straordinaria anche la ricorrenza dell’Infiorata di Fiumalbo, in occasione della festa del “Corpus Domini”, a fine primavera.
La tradizione di creare quadri per mezzo di fiori si pensa fosse nata nella basilica vaticana ad opera di Benedetto Drei, responsabile della Floreria vaticana, e di suo figlio Pietro, i quali avevano usato “fiori frondati e minuzzati ad emulazione dell’opere del mosaico” il 29 giugno 1625, festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma.
La prima infiorata allestita per la festività del Corpus Domini risale alla fine del ‘700.
Da allora le località in cui si allestiscono infiorate in occasione nella ricorrenza del Corpus Domini sono numerose, specialmente dell’Italia centrale.
Durante l’Infiorata di Fiumalbo la Confraternita del Santissimo Sacramento, in collaborazione con la popolazione, disegna con fiori di campo tipici della zona, riquadri con raffigurazioni sacre, che si potranno ammirare lungo le vie del centro del paese durante la processione del Corpus Domini.
La manifestazione sicuramente più coinvolgente e sentita rimane comunque il biennale “Presepe Vivente” che richiama moltissimi turisti e coinvolge tutto il paese in una serie di “quadri viventi” allestiti per le vie cittadine: un presepe che rivive antiche tradizioni e mestieri ormai quasi scomparsi e che culmina con la rappresentazione vivente della natività, dove non mancano cammelli e Re Magi.
Il Presepe Vivente di Fiumalbo risale al lontano 1957 quando un gruppo di paesani raccolse l’idea lanciata da Mario Serafini e dette luogo alla prima rievocazione della Natività.
Successivamente, dopo una pausa durata quasi trent’anni, dal 1984, si decise di riproporre la manifestazione del presepe vivente ogni due anni.
Seguendo un percorso illuminato da fiaccole, negli angoli più suggestivi e pittoreschi del centro storico, si possono ammirare all’opera i paesani che, vestiti i panni dei loro avi, si sono cimentati negli antichi mestieri: pastori, scalpellini, mugnai, cestai, filatrici, ricamatrici, panettieri, fabbri, ceramisti, norcini e molti altri con centinaia di comparse e animali che fanno da contorno alla scena della natività.
Solitamente viene allestito in due appuntamenti uno la sera della viglia di Natale ed uno nei dintorni dell’Epifania.
Anche la celebrazione del carnevale nella tradizionale fiaccolata di “martedì grasso” a Fiumalbo, affonda le radici in riti ancestrali: la sera del martedì grasso, seguendo un antico rito propiziatorio, gli abitanti sfilano per il centro storico portando in spalla grandi fiaccole di legno di betulla e stracci con cui infiammano il torrente, dopo aver acceso il rogo per bruciare l’anno passato e i suoi momenti negativi.
La serata richiama un numero minore di presenze rispetto alle precedenti, ma è molto sentita dalla popolazione ed estremamente suggestiva.
Il croccante
Un prodotto assai tipico di Fiumalbo è il suo croccante.
La produzione del dolce, di cui la ricetta è ancora segreta e sconosciuta a tanti, è prerogativa esclusiva delle pasticcerie del centro storico.
Il dolce fu ideato per ricetta e forma da un fiumalbino doc, Claudio Ladurini, nel 1984.
Il croccante, viene prodotto con semplici ingredienti quali: miele, mandorle bianche, zucchero, caramello, essenze naturali.
Tirato in sfoglia sottile tipo pasta fiorentina, arrotolato su una dolce cannella (mattarello italiano) di 8/10 cm di diametro, messo in forno e scottato rapidamente a fuoco rovescio per pochi minuti.
Il croccante è venduto in tutti i bar/pasticcerie di Fiumalbo e di diverse località dell’appennino Tosco/Emiliano.
Nel prossimo articolo su Fiumalbo parleremo di ESCURSIONI
- la “Via dei Forestieri” da Fiumalbo al Ponte della Fola Alta
- i “Faggi Secolari” da Doccia a Pian Cavallaro
- la “Strada Vecchia” da Fiumalbo a Doccia
- il “Cammino di San Bartolomeo” da Fiumalbo a Pistoia in 5 tappe
- … e tante altre!